Testo e foto di James Startt
Sono stato sul Mont Ventoux prima di sapere esattamente cosa fosse. Negli anni '80, durante una delle mie prime visite in Francia, lavoravo in cucina in una piccola stazione sciistica delle Alpi meridionali. Alla chiusura della stagione invernale, alcuni amici che avevo conosciuto lavorando al ristorante del rifugio mi invitarono a recarmi nella loro vecchia fattoria di famiglia a Malaucène per una festa di fine stagione. Mi sembrò una buona idea. Non sapevo che il villaggio si trovava nel cuore della Provenza francese, e tanto meno ai piedi di una salita così famosa.
All'epoca consideravo il ciclismo solo come uno sport per tenermi un po’ in forma e la l’alone di leggenda della montagna mi era sconosciuta. È stato solo nei mesi successivi, mentre mi appassionavo sempre più al ciclismo e alla sua storia, che mi sono reso conto di essere stato in uno dei più iconici luoghi di questo sport.
Il Mont Ventoux è chiamato "il Gigante della Provenza" e, sotto ogni aspetto, la salita è all'altezza del suo nome. Partendo da una quota prossima a quella del mare, si sale a 1.909 metri in poco più di 20 chilometri. La montagna, nettamente più alta di tutte le altre intorno, domina la Provenza francese.
Il percorso più celebrato verso la cima passa per Bédoin, il villaggio situato ai piedi del versante sud. Se questa è il versante più percorso per raggiungere le cime più alte, c'è una buona ragione: perché è da questa prospettiva che si può vedere il Ventoux in tutta la sua grandezza. A differenza del versante di Malaucène, dove la vetta si intravede solo negli ultimi chilometri, da Bédoin la cima del Ventoux entra ed esce continuamente dallo sguardo.
Uscendo dall’abitato, i caratteristici ghiaioni di roccia sovrastati dalla caratteristica stazione meteorologica appaiono per la prima volta, quando ancora si stanno percorrendo i dolci pendii iniziali tra i vigneti e gli uliveti. Una volta superata la linea degli alberi, a circa sei chilometri dall'arrivo, la vetta si staglia davanti a noi, mentre la strada si inerpica attraverso la brulla roccia calcarea.
È qui che sono state scritte alcune delle più grandi pagine della storia del ciclismo. Se il Tour de France ha fatto la sua prima comparsa sul Ventoux nel 1951, è con l'edizione del 1955 che è entrato davvero nell'immaginario collettivo. Quell'anno la corsa non si concluse esattamente sulla cima, ma il Ventoux fornì un magnifico palcoscenico per il lungo attacco in solitaria del campione del mondo Louison Bobet, in corsa verso la sua terza vittoria del Tour de France. Dietro il campione svizzero Ferdi Kübler, anch'egli vincitore del Tour 1950, attaccò sui primi ripidi pendii. Quando Raphaël Géminiani - forse il più grande corridore a non aver mai vinto il Tour - gli urlò: "Attento Ferdi, il Ventoux non è una salita come le altre", Kübler rispose: "E Ferdi non è un corridore come gli altri".
Ma se la uscita di scena di Kübler fu sconcertante, la vera tragedia si consumò una dozzina di anni più tardi con la morte di Tom Simpson, il 13 luglio 1967. Quel giorno di 55 anni fa da spartiacque tra ciclismo eroico e ciclismo moderno, ed è impresso nella memoria collettiva degli appassionati di ciclismo di tutto il mondo. Gli abitanti più anziani dei villaggi sotto il Ventoux raccontano ancora le storie di quel giorno maledetto.
Il Tour tuttavia, è tornato al Ventoux molte volte, da allora. E il più delle volte ha offerto una tappa indimenticabile, carica di suspance e azione.
Ci fu la memorabile cronometro del 1987, in cui l'emergente francese Jean-François Bernard, al limite delle sue forze, stabilì un record di salita che sarebbe durato quasi 20 anni. Poi c'è stata l'impensabile vittoria in solitaria dello statuario italiano Eros Poli, nel 1994. E naturalmente ci fu il memorabile duello tra Lance Armstrong e Marco Pantani nel Tour del 2000.
Il Ventoux si è rivelato una salita determinante anche nella carriera del quattro volte vincitore del Tour de France Chris Froome. È qui, con un'impressionante vittoria in solitaria, che Froome ha costruito la sua prima vittoria al Tour nel 2013. Ed è stato sempre qui, nella parte bassa della salita, nel 2016, che le possibilità di Froome di Vittoria al Tour de France vennero messe in discussione dopo una caduta a causa di una moto rallentata dalla folla. La corsa a piedi in salita che ne seguì, in attesa di una bicicletta di riserva, è nella memoria di tutti gli appassionati di ciclismo del mondo.
Sebbene il Ventoux non fosse presente sul percorso del Tour di quest'anno, nel 2021 sua doppia ascesa, coronata da una magistrale vittoria in solitaria di Wout Aert, ha lasciato un segno indelebile nelle classifiche finali.
Il Ventoux è davvero unico e in realtà ogni giorno è quello buono per scalarlo, anche se si è da soli. Si tratta di una salita davvero unica. Sarà per il modo in cui la montagna regna incontrastata sulla Provenza francese, o forse per l’inconfondibile stazione meteorologica sulla sua cima o forse per la tormentata superficie rocciosa dei ghiaioni che ricopre gli ultimi sei chilometri del percorso. Sul Ventoux non ci sono distrazioni del panorama e ogni ciclista, sia esso professionista o amatore, rimane solo, immerso nel proprio sforzo e nel proprio dolore. Qualunque sia la ragione, il Mont Ventoux ha ispirato i ciclisti per decenni e continuerà a farlo per le generazioni a venire. Se non ci siete già stati, andateci al più presto.