LA STRADA


Un’esplorazione ciclistica in Valle Spluga, sulle strade disegnate da Carlo Donegani, ingegnere visionario e pioniere della mobilità sostenibile in ambiente alpino.

“La strada ivi ritorce aspramente, e per replicati andirivieni spingesi sui monti, ove con ponti e gallerie, per arrivare a Tegiate, taglia la precipitosa costa delle acque Rosse.”  (S. Morselli)

 

É pomeriggio inoltrato e pedaliamo da questa mattina presto, la fatica comincia a farsi sentire. Siamo a tre quarti della salita e la strada è piuttosto ripida. Nonostante i quasi 1500 metri di quota fa piuttosto caldo per essere giugno. Sul pacco pignoni è rimasto un solo rapporto su cui far salire la catena per alleggerire la pedalata ed è arrivato il momento di usarlo, è l’ultima carta che ci rimane da giocare. Le nostre gambe sono vuote. Stiamo pedalando sui tornanti del Sengio in Valle Spluga, nei pressi di Madesimo, una delle strade alpine più affascinanti delle Alpi. Soltanto pochi giorni fa i corridori del Giro d’Italia sono passati di qui, su questi stessi tornanti, nella tappa decisiva della corsa. Quel giorno c’erano ciclisti e tifosi ovunque, oggi invece con le biciclette ci siamo soltanto noi, immersi nel silenzio.

La salita del Passo Spluga è meno famosa e frequentata di molte altre grandi salite delle Alpi, eppure è un vero e proprio gioiello. Il paesaggio intorno ha colori delicati: alberi e prati con foglie di tutte le tonalità del verde, rocce grigiastre, gallerie nere come la notte, cielo azzurro e vertiginose cascate d’acqua, ma la cosa più sbalorditiva è la strada. Si tratta di un’opera d’ingegneria che lascia senza parole, la Statale 36 dello Spluga è un vero e proprio monumento. In Italia i monumenti sono ovunque, in ogni città, paese o piazza, più o meno famosi e conosciuti. Alcuni monumenti come la Pietà di Michelangelo o il David di Donatello si ammirano soltanto da lontano, da sotto il piedistallo guardando verso l’alto, senza poterli toccare. La strada del Sengio invece, una delle strade progettate da Carlo Donegani – tenete a mente questo nome - è un monumento sui cui si pedala. Andare in bicicletta su questi tornanti, arrampicarsi su questa strada che passa dentro e fuori dalle rocce, diventare parte del paesaggio e in definitiva di un’opera d’arte, è godimento allo stato puro.

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L’acqua della borraccia è quasi finita ed è questa una delle due sole certezze che abbiamo. L’altra è che dopo un’intera giornata in sella sulle salite della Valle Spluga, all’arrivo alla nostra baita sull’Altopiano degli Andossi, poco sopra Medesimo, mancano ancora pochi chilometri. Tutti in salita però. Pedalare in Valle Spluga è così, a parte il bordo lago di Montespluga è sempre e soltanto salita o discesa, un vero paradiso per gli scalatori. Entriamo e usciamo pedalando dalle gallerie dove godiamo del fresco, del panorama e del vuoto vertiginoso appena oltre il guard-rail. È una strada, questa? Oppure un esercizio d’ingegneria applicata? Un parco giochi per il ciclismo? Probabilmente tutte e tre le cose insieme.

 

La strada del Sengio e la Valle Spluga
L’impressionante versante scosceso e dirupato sul quale ci stiamo inerpicando è la strada che porta a Pianazzo, a poca distanza dal bivio Madesimo - Passo dello Spluga. Siamo in Italia, in un tratto intermedio che conduce al paesaggio del valico dello Spluga, che nel tratto finale oltre il limite del bosco, in alto, sarà invece aperto e privo di alberi, circondato di montagne innevate su cui molti appassionati, anche in questa stagione, sono ancora impegnati con le gite di sci-alpinismo di primavera. Ne abbiamo fatta una anche noi ieri a dire il vero, al Piz Tambó, a 3279 m. Forse per questo le nostre gambe oggi, in bicicletta, risultano decisamente appannate.
La strada è un vero spettacolo, una specie di luna-park del ciclismo su strada. Dal fondovalle o visto di fronte il Sengio, dalla salita di Starleggia che sale proprio di fronte, sul lato opposto della valle, si presenta come un ostacolo invalicabile: verso l’alto le rocce formano il terrazzo modellato dai ghiacciai, dove è appoggiata la frazione Pianazzo e dove le acque del torrente Scalcoggia si gettano nel vuoto con un salto di 180 metri. Una rovinosa alluvione del Torrente Liro nel 1834 indusse il progettista, quel genio di Carlo Donegani di cui abbiamo parlato e di cui parleremo, ad abbandonare il fondovalle in favore di un tracciato stradale ardito che supera in meno di 5 chilometri un dislivello di circa 300 metri con gallerie, tratti pensili e tornanti a sbalzo sul vuoto.

Il percorso in epoca moderna

La storia del transito e del passaggio nella Valle dello Spluga comincia con i primi cacciatori dell’epoca del Mesolitico, nel 6.000 a.C., del cui passaggio esistono diverse testimonianze e reperti archeologici. In epoca medievale, nel IV-V Secolo le vecchie strade romane servono come vie del pellegrinaggio religioso verso i primi monasteri e santuari cristiani. Da Coira due erano allora i valichi utilizzati per arrivare a Milano: quello dello Passo Spluga e quello del Septimer. Nel periodo medievale era utilizzata soprattutto la seconda via ma dopo il taglio della Viamala, nel 1473, lo Spluga prende il sopravvento. Ci furono poi circa due secoli in cui i Grigioni presero possesso della Valtellina e della Valchiavenna. Fu un periodo relativamente tranquillo di commercio e traffico locale. Nel 1714 venne individuato una nuovo tracciato della strada dello Spluga attraverso la gola del Cardinello, che però si dimostrò presto inadatta al passaggio commerciale sempre più intenso. La via era precaria, tagliata nella roccia friabile e sostenuta da alti muri a secco sul lato strapiombante. Nel 1797 fu l’esercito di Napoleone a far cessare il dominio dei Grigioni su Valtellina e Valchiavenna, i cui territori passarono sotto il Regno d’Italia. È a quel punto che si rese necessario un passaggio attraverso le Alpi in grado di garantire flussi commerciali e militari. Servivano quindi strade larghe e accessibili, non più mulattiere che si accontentavano di seguire l’andamento del terreno ma grandi opere di ingegneria messe in atto per superare asperità e dislivelli, garantendo stabilità al tracciato. Ed è a questo punto della storia che entra in campo Carlo Donegani, il genio delle strade.

Il genio delle strade

Il passo dello Spluga per millenni aveva costituito l’asse principale nelle comunicazioni nord-sud, tra la Pianura Padana e centro dell’Europa. Carlo Donegani, un giovane ingegnere, fu chiamato a costruire la nuova via commerciale attraverso lo Spluga che realizzò tra il 1818 e il 1823, secondo un tracciato tutto nuovo che è quello su cui noi amanti del ciclismo sulle strade di montagna pedaliamo oggi. Per gli svizzeri la strada doveva essere larga almeno 3 metri ma Donegani si prese l’impegno di realizzarla di 5 metri di larghezza media. Solo nei punti critici dove era necessario scavare nella roccia la larghezza fu ridotta a soli 3 metri, prevedendo delle opportune piazzole di scambio. Fu un opera gigantesca realizzata in soli tre anni da 220 muratori, 60 minatori, 22 falegnami e un numero imprecisato di tagliapietre.

La nuova strada del Passo Spluga esprimeva, oltre al genio di Donegani, anche un cambiamento epocale nella idea di costruzione stradale: le vie alpine, che prima seguivano l’andamento del terreno ed erano mutevoli nel tracciato, limitandosi ad aggirare gli ostacoli o ad assecondarli, diventarono all’improvviso grandi opere ingegneristiche. Si smise di pensare alle strade come a qualcosa in perenne conflitto con il paesaggio e si cominciò a immaginarle come costruzioni architettoniche in grado di integrarsi con gli ostacoli naturali come corsi d’acqua, pareti di roccia, dislivelli da riempire. È in quest’ottica che i tornanti sopraelevati, le gallerie o i lunghi rettilinei paralleli che si affiancano per superare grandi dislivelli vengono immaginati. 

Una strada è un tratto di spazio individuabile, delimitato e condiviso che crea collegamento tra luoghi abitati dall’uomo. E’ un mezzo che consente il passaggio di persone, merci, informazioni, cultura ma può essere letta anche come qualcosa di più sofisticato e prezioso. Una strada in fin dei conti non è soltanto un luogo di transito e di passaggio: è il risultato del pensiero umano che cerca di leggere e mettere insieme la natura caotica e selvaggia dell’ambiente con la razionalità della matematica e della geometria, trasformando il paesaggio e tentando di integrarsi a esso. Secondo Donegani l’architettura e l’ingegneria si adeguano alla natura, cercando di vincerne le asperità e gli ostacoli in modo permanente. I tornanti in fin dei conti non sono una linea di passaggio reperibile in natura ma piuttosto il risultato di un pensiero evoluto. Anche pedalandoci sopra in bicicletta, a una strada a tornanti, l’andirivieni lungo i versanti per superare i dislivelli è una specie di atto di fede. Forse è proprio questo abbandono della logica in funzione della razionalità, a farci godere.

Carlo Donegani ci ha lasciato in eredità, oltre a due delle più belle strade delle Alpi e del mondo su cui pedalare – anche quella dello Stelvio, costruita in tre anni soltanto tra il 1822 e il 1825 fu opera sua - l’idea che un’opera ingegneristica può e deve inserirsi nell’ambiente circostante rispettandolo, senza stravolgerlo o modificandolo nel profondo. In questo senso Donegani può essere considerato un pioniere della sostenibilità e della integrazione architettonica, capace di coniugare cultura, tecnica e attenzione per l’ambiente. Provate a farci caso e a leggere il paesaggio intorno a voi, la prossima volta che pedalerete sul Passo dello Stelvio o sul Passo Spluga.

Damiano Caruso, Alè - alè

Il 106° Giro d’Italia si è concluso da pochi giorni. Damiano Caruso sui tornanti del Passo Spluga, percorso prima dal versante Svizzero e poi nel tratto del Sengio da Campodolcino fino all’Alpe di Motta, con la sua cavalcata solitaria negli ultimi chilometri, ha conquistato il suo primo podio in un grande giro. Milioni di appassionati di ciclismo sparsi in tutto il mondo hanno potuto godere, durante la diretta televisiva, delle immagini di una salita che è davvero imperdibile per gli appassionati. Sono stati in molti ad avere sentito parlare per la prima volta della salita del Passo Spluga, un po’ defilato rispetto alle destinazioni ciclistiche italiane più conosciute come Bormio o le Dolomiti. Grazie a quelle immagini sono in molti a essersi ripromessi, per la prossima vacanza ciclistica in Italia, di venire a percorrerla. La classica salita da Chiavenna è lunga 36 chilometri e ha 1742 metri di dislivello, mentre quella da Splügen sul versante svizzero, è decisamente più breve e misura 9 chilometri. Un bel giro classico di giornata consiste nel combinare le due salite, quella dal versante italiano e quella dal versante svizzero, con la salita di Starleggia sopra Campodolcino che offre un panorama unico sulla Valle Spluga e sul tratto del Sengio. Altra possibilità interessante, quella di salire da Campodolcino fino all’Alpe di Motta, percorrendo proprio l’ultimo tratto della salita del Giro d’Italia 2021. Un’altra opzione invece, partendo da Chiavenna, è quella di mettere in successione Passo Spluga, Viamala verso Thusis, Albula Pass, Julier Pass e attraverso il Passo Maloja, in un giro in senso orario, rientrare a Chiavenna. Una pedalata classica di 165km e xxx metri di dislivello da conservare tra i ricordi migliori della vita in sella a una bicicletta.

Cosa è una strada?

Pedalando sullo Spluga si può riflettere sulla funzione diversa che oggi riconosciamo alle strade: non servono più da collegamento tra centri di paesi diversi ma rispondono piuttosto a esigenze di spostamento rapido. Alle strade non chiediamo più di attraversare i paesi, piuttosto evitarli e aggirarli perché le auto oggi devono correre veloci, su tracciati il più possibili dritti, filanti e distanti dall’abitato. A tutte le strade della Valle Spluga e della Valtellina, in particolare a quelle disegnate da Carlo Donegani, va riconosciuta questa qualità assoluta di essere opere concepite secondo un’ ottica differente. Le strade qui, tra le montagne, avevano non soltanto lo scopo di attraversare i luoghi ma anche quello di collegarli tra loro dandogli senso di esistere. Pedalare in questa valle significa avvertire costantemente la sensazione di andare e di viaggiare, ma anche quella di arrivare e di raggiungere un posto sicuro. Arrivare a Madesimo in bicicletta percorrendo il tratto del Sengio, chiuso per i fine settimana estivi alla circolazione automobilistica, oppure sedersi all’ombra di una casa cantoniera, significa godere di un piacere assoluto e primordiale: quello di pedalare su strade antiche che oltre che essere luogo di transito sono anche uno spazio di incontro, di unione e di gioia. Avete mai sentito qualcosa di più avveniristico e rivoluzionario, in tema di strade e di mobilità? E stiamo parliamo di un’opera concepita e costruita ormai 200 anni fa. Mille grazie, Ing. Carlo Donegani. 

PIZZO TAMBÒ

Il Pizzo Tambò con i suoi 3279 m è la più alta cima della Valchiavenna ed è una delle classiche salite sci-alpinistiche primaverili delle Alpi Centrali. Esposto a sud, l’itinerario di salita dopo un tratto iniziale nel quale ci si alza gradualmente di quota consente di godere di un panorama meraviglioso sulle montagne della Valtellina. Il finale alpinistico è abbastanza impegnativo e richiede neve assestata e l’uso di ramponi e piccozza. La discesa sugli sci è lunga e molto varia, molto godibile. Con i suoi ampi spazi i pendii, dalle forme morbide, sono sempre godibili e mai troppo ripidi, in fondo proprio come la salita ciclistica dello Spluga che ha lo stesso carattere e che sembra disegnata a tavolino per fare godere chi ha voglia di sport. Alternando giorni sugli sci a giornate in bicicletta i quadricipiti finiscono per lavorare parecchio ma una volta preso il ritmo il piacere di viaggiare inarrestabilmente in ogni angolo della montagna, è ineguagliabile. Le gite intorno al Passo Spluga, in bicicletta o sugli sci, si concludono quasi sempre con un pranzo al Ristorante Vittoria nell’abitato di Vallespluga, il vero campo base sportivo ed eno-gastronomico della zona. Potrete forse rinunciare alle gite di sci alpinismo e limitarvi a pedalare su per le salite ma rinunciare a un buon piatto di pizzoccheri in compagnia, a fine giornata, sarà senz’altro più difficile.   

PASSONI CICLO PRATO

Non esistono più limiti per chi pedala su una bicicletta gravel, asfalto e sterrato sono diventati un confine ormai soltanto immaginario.
Il titanio è un materiale con qualità uniche, perfetto per la costruzione di biciclette di questo tipo. È estremamente robusto e praticamente eterno se lavorato e saldato a regola d’arte, come in Italia, a Vimercate dove ha sede Passoni, sanno fare. Il titanio è un metallo con qualità straordinarie: ha una rigidità paragonabile a quella del carbonio, è molto più leggero dell'acciaio ed è inattaccabile dalla ruggine e dal tempo. Un telaio in titanio non necessita nemmeno di essere verniciato, anche per questo i graffi, le sfregature e le abrasioni o i colpi tipici di un utilizzo fuoristrada, non sono mai un problema. La Ciclo Prato Passoni è un vero e proprio gioiello artigianale e si colloca, tra le biciclette gravel, nel segmento delle più versatili e veloci in circolazione. È a proprio agio su strada, ad esempio sulle grandi salite delle Alpi, così come sulle strade sterrate, anche quelle più ruvide e impegnative. La costruzione su misura con angoli del telaio non troppo esasperati, un tubo obliquo leggermente oversize, una generosa forcella in carbonio e il montaggio con il gruppo Campagnolo Ekar a 13 rapporti la rendono capace di scorrere fluida e tollerante su ogni tipi di terreno. Il tutto con un aspetto elegante e classico. La Ciclo Prato è una compagna di viaggio senza tempo, da possedere e pedalare per una vita intera. Una Passoni, è per sempre.

SCI E CICLISMO, ACCOPPIATA PERFETTA

Non c'è da stupirsi che le gambe siano stanche e svuotate durante una vacanza di ciclismo e sci alpinismo primaverile in Valle Spluga. Le gite con gli sci e le pelli e i giri in bicicletta si alternano follemente, spesso anche nella stessa giornata. I mesi di maggio e giugno sono il momento ideale per un’esperienza di questo tipo. Facendo base a Madesimo, la Valle Spluga offre numerosi itinerari sci alpinistici come quelli del Piz Tambò, del Ferrè o del Suretta, ma anche numerose salite ciclistiche di mezza giornata, perfette per il pomeriggio quando l’aria si è scaldata un po’ e il firn troppo pesante per continuare a sciare divertendosi. Parliamo ad esempio delle salite di Starleggia, del Sengio e di entrambi i versanti dello Spluga, oltre a numerose belle varianti gravel. Per il gran finale della vacanza vi suggeriamo di riservare un giorno intero per l’itinerario che vi proponiamo nella scheda che segue, con un giro di orologio passando per Passo Spluga, Via Mala, Albula e Julier Pass, per finire a Chiavenna con la splendida discesa del Passo Maloja. Per quanto riguarda il dolore alle gambe, beh, non lamentatevi. In fondo i quadricipiti in fiamme sono l’inspiegabile motivo per cui amiamo sci alpinismo e ciclismo, entrambi sport di montagna, di fatica e di sport all’aria aperta con gli amici.

Abbiamo pedalato e sciato in collaborazione con Blossom, storico produttore di sci della Valchiavenna, ATK Bindings, produttore di attacchi da sci ultraleggeri e biciclette Passoni . Leggerezza, robustezza e affidabilità sono qualità ugualmente apprezzate sia nello sci che nel ciclismo. Passoni ha realizzato un kit da scialpinismo interamente Made in Italy.

 

Uno speciale ringraziamento a:

passoni.it

blossomski.com 

atkbindings.com
madesimo.com

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