Il sellino e il manubrio di una bicicletta non sono certo la prima cosa che ci si aspetta di vedere in una grande rassegna su Pablo Picasso, ma quando si entra ne La Collection Prend des Couleurs del Museo Picasso di Parigi, la bicicletta diventa protagonista. La mostra è curata da Sir Paul Smith, stilista di fama mondiale e inguaribile appassionato di ciclismo, per cui tali scelte artistiche diventano presto comprensibili.
Per commemorare i 50 anni dalla morte dell'artista, il Museo Picasso ha dato carta bianca all'icona della moda britannica per organizzare una retrospettiva che mettesse in evidenza quelli che Smith considera gli elementi e le tendenze chiave della straordinaria carriera dell’artista. In tutta la mostra, le opere di Picasso sono esposte su sfondi colorati, opportunamente scelti da Paul Smith. I dipinti del periodo blu di Picasso sono stati collocati su pareti di un blu intenso, mentre audaci motivi di carta da parati completavano alcune delle opere più colorate.
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Ironicamente, l’opera composta da una sella e da un manubrio trasformati da Picasso in una testa di toro era la più monocromatica e minimalista tra i lavori esposti. Ma per Smith aveva perfettamente senso.
Picasso creò la Testa di toro mentre viveva ancora a Parigi nel 1942, saldando due pezzi di bicicletta trovati in un mucchio di rifiuti. Poco importa che i due oggetti fossero stati scartati: Picasso li immaginò subito come due oggetti completamente diversi e, dopo aver saldato i manubri alla parte posteriore della sella in posizione verticale, li trasformò nella testa di un toro.
La Testa di Toro richiama alla mente i Ready-made di Marcel Duchamp, leader francese del Movimento Dada, che spesso prendeva oggetti comuni e quotidiani fuori dal loro contesto e li presentava come sculture a sé stanti. In effetti, uno dei Ready-made più significativi di Duchamp fu quello di una ruota di bicicletta.
Picasso, naturalmente, conosceva Duchamp, poiché questi due artisti iconici erano figure centrali della scena artistica parigina, così vivace nella prima metà del XX secolo. Ma, se Picasso era noto per trarre ispirazione da alcuni suoi contemporanei come Georges Braque, la sua versione di Ready-made fu uno sforzo relativamente singolare, che andava oltre il lavoro di Duchamp.
Duchamp, infatti, si accontentava di riproporre un oggetto decontestualizzato. Picasso, al contrario, reimmagina queste due parti di una bicicletta dando vita a qualcosa di completamente diverso. Nell'opera di Picasso si verifica una metamorfosi visiva da due componenti di una bicicletta a una rappresentazione tridimensionale di un animale.
Per Paul Smith, la Testa di Toro incarna il genio naturale di Picasso e riflette l'eterna inventiva dell'artista.
Scrive Smith a proposito dell'opera nel catalogo della mostra: "Picasso aveva un modo molto divertente di vedere le cose. Quando ero adolescente, correvo in bicicletta. La Testa di Toro, essendo composta da un sellino e da un manubrio, ha richiamato la mia attenzione e ha ovviamente un legame con la mia storia personale e con la storia del ciclismo in Francia, con il Tour de France, che ha fatto parte della mia infanzia. Ma, a dire il vero, ho scelto questo pezzo per mostrare la capacità di Picasso di vedere la bellezza e la creatività negli oggetti quotidiani".
È interessante notare che Smith accosta l'opera di Picasso a una sua installazione, composta da un'intera parete di manubri e sedili. Anche se non sono saldati insieme come quelli di Picasso, il riferimento è evidente. Come Picasso, Smith opta per un formato minimalista e ampiamente monocromatico, utilizzando manubri di Brick Lane Bikes e selle Fizik. Ma una sella si distingue, perché Smith ha deliberatamente posizionato una sella da BMX Kashimax multicolore al centro dell'installazione, forse facendo un cenno alla propensione dello stilista per il colore, o semplicemente facendo riferimento al colore che presto sarà presente nella mostra.
Picasso, naturalmente, non era nuovo all'incorporazione di oggetti quotidiani nei suoi dipinti e spesso incollava ritagli di giornale nelle sue opere cubiste e nei suoi collage. Ma con la Testa di Toro, Picasso porta ancora più avanti la sua inclinazione per il prosaico, reimmaginando completamente due oggetti trovati. L'opera, pur essendo singolare, si integra senza sforzo nell'opera di Picasso, che ha attraversato il XX secolo fino alla sua morte nel 1973.
Il sellino della bicicletta, esposto alle intemperie, richiama alla mente l'amore di Picasso per le maschere africane che tanto hanno ispirato il suo lavoro e il modo in cui ha reso i volti e le teste in generale. In modo simile, il triangolo organico del sellino cattura l'essenza della testa di un animale. Ma se la sella gia di per sè potrebbe essere confusa con la testa di un cavallo o di un cane, quando è abbinata al manubrio diventa chiaramente quella di un toro.
Il riferimento al toro, ovviamente, ha un ulteriore significato per Picasso. Cresciuto in Spagna più di un secolo fa, Picasso era innamorato della corrida, passatempo nazionale, ben prima che questa venisse criticata a livello internazionale come accade oggi. Per Picasso, la corrida incarnava la lotta esistenziale tra la vita e la morte ed era un tema comune nelle sue opere. Per Picasso era il toro e non il matador a rappresentare la figura centrale di questo evento. E se il toro era spesso una figura tragica, a volte poteva risollevarsi e ribaltare le sorti uccidendo il matador.
Passeggiando per le sale della mostra, riconosciamo molti capolavori, da uno splendido autoritratto del periodo blu, al Ritratto di Olga in poltrona del 1918, fino al Ritratto di Dora Maar del 1937. Nel corso della mostra, Smith mette brillantemente in evidenza i numerosi strati di genialità dell'opera di Picasso.
Alla fine della visita, è persino facile dimenticare la scultura solitaria che apre la mostra. Ma se si torna all’inizio, dopo aver visitato l'intera esposizione, è chiaro come, almeno per Paul Smith, molto del genio di Picasso si possa nascondere dietro una bici.