Testo originale: Richard Windsor
La scuola di pensiero per chiunque si avvicini per la prima volta al Giro delle Fiandre é che questa corsa, più di qualsiasi altra, è una gara basata sull'esperienza. Se si vuole vincere, è indispensabile conoscere le curve del percorso sinuoso, dove posizionarsi prima delle salite chiave e quando spendere le scarse energie nel corso delle sei ore di gara.
Per la maggior parte dei debuttanti, la curva di apprendimento è spesso ripida quanto i muri acciottolati che si affrontano durante la De Ronde. Anche per gli specialisti del pavé di grande talento, come Tom Boonen, Johan Museeuw e Fabian Cancellara - tutti tre volte vincitori del Fiandre - sono stati necessari alcuni tentativi prima di conquistare il gradino più alto del podio di questa corsa unica.
Naturalmente, Tadej Pogačar non è un corridore qualsiasi. Il suo talento inimitabile ha brillato al debutto nel 2022, costringendo lui e il vincitore del 2020 Mathieu van der Poel a staccarsi dal resto del gruppo e a lasciare che, nella peggiore delle ipotesi, il campione uscente del Tour de France uscisse dal Fiandre con un secondo posto. Sebbene la sua brillantezza e la sua astuzia gli abbiano permesso di superare i punti più difficili della corsa meglio di quasi tutti gli altri, è stato un errore da principiante a fargli perdere la possibilità di vincere e persino di salire sul podio a meno di 500 m del percorso di 272,5 km.
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Dominatore di lunghe ed estenuanti salite e indubbiamente il miglior velocista tra gli scalatori del WorldTour, la De Ronde, insieme alla Milano-Sanremo, hanno rappresentato una sfida completamente diversa per Pogačar. Come ha potuto apprendere nove giorni fa alla E3 Saxo Classic, non può fare molto di fronte a un arrivo a tre con Van der Poel (Alpecin-Deceuninck) e Wout van Aert (Jumbo-Visma), mentre la natura corta e decisa degli hellingen offre poche possibilità di scuotere questi re delle classiche.
Spesso, prima delle corse, i corridori rimangono riservati di fronte alle domande sui loro piani d'attacco per il giorno successivo, per evitare che una squadra rivale ne venga a conoscenza. In vista della De Ronde di quest'anno, Pogačar non aveva bisogno di nascondere la sua strategia: doveva arrivare al traguardo da solo.
L'Oude Kwaremont, una rarità tra le salite del Fiandre con i suoi oltre due chilometri di lunghezza, come l'anno scorso ha rappresentato per lo sloveno la migliore opportunità di distanziare i rivali. Quest'anno, però, ha dovuto scrollarsi di dosso Van der Poel.
Dopo essere sopravvissuto indenne ai due terzi iniziali di corsa, la seconda salita del Kwaremont lo ha visto scatenare un attacco che non solo ha distanziato notevolmente gli altri probabili protagonisti di questa edizione, ma che é andato anche a intaccare il vantaggio della fuga d'élite che lo precedeva.
Con oltre 50 km ancora da percorrere, una corsa in solitaria verso il traguardo rimaneva una prospettiva improbabile. Ma aveva visto abbastanza, non c'era nessuno che potesse tenergli la ruota sul Kwaremont e sul successivo Paterberg. Il gruppetto con Van Aert e Van der Poel, oltre a Christophe Laporte (Jumbo-Visma) e Tom Pidcock (Ineos Grenadiers), aveva poca importanza per il piano, purché arrivasse alla successiva salita dell'Oude Kwaremont in testa.
Sul brutale Koppenberg il gruppo si è ridotto ai soli Magnifici Tre, che si sono lanciati verso la fuga, riprendendo e sorpassando rapidamente i corridori che avevano ceduto all'incessante fatica del Giro delle Fiandre.
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Il momento successivo, sul Kruisberg, ha visto Van Aert staccarsi per opera di Van der Poel. Sebbene Pogačar sia apparso brevemente spiazzato dall'accelerazione pungente dell'olandese, si è subito ripreso e con un problema in meno. Il piano non cambia: attaccare il Kwaremont.
Il gruppo di testa, che si era così diligentemente staccato dal gruppo e aveva costruito un vantaggio significativo, sapeva chi li avrebbe presto raggiunti da dietro. C'è stata un'immediata cautela, un'enfasi sul risparmio di energia in previsione dell'inevitabile attacco piuttosto che sul tentativo di tenerli a bada. Mads Pedersen (Trek-Segafredo), chiaramente consapevole che la cooperazione del gruppo era svanita, si è lanciato alla ricerca di un vantaggio solitario. Ma anche l'ex campione del mondo, che aveva iniziato il Kwaremont a 19 km dall'arrivo con un vantaggio di 32 secondi, non ha potuto fare nulla quando Pogačar ha fatto la sua mossa finale.
È raro vederlo fare uno sforzo così palese. Da lontano, molte delle azioni di Pogačar sembrano straordinariamente facili, come se il suo corpo avesse calcolato e assorbito lo sforzo prima ancora di iniziare. Ma nell'attacco sul Kwaremont Pogačar sembrava davvero che fosse al limite dei suoi limiti, passando dalla bocca aperta ai denti digrignati. E doveva essere così, era il momento della resa dei conti.
La stessa espressione si è avuta sull'ultima salita della corsa, il Paterberg, dove il distacco di 15 secondi da Van der Poel si è consolidato quando ha raggiunto la vetta da solo; gli altri inseguitori erano ancora più lontani.
Gli ultimi 13 km dalla cima del Paterberg raramente vedono l'attacco decisivo del Giro delle Fiandre. Quelli che si trovano insieme nella discesa dalla salita e nella strada pianeggiante e larga verso Oudenaarde spesso riescono a entrare nel gruppo per lo sprint finale verso il traguardo, mentre i leader solitari non vengono spesso ripresi. La stanchezza si è chiaramente fatta sentire per Pogačar, che ha frugato nelle tasche per cercare, senza successo, un ultimo gel che lo aiutasse negli ultimi tratti verso la vittoria, ma in questo ultimo tratto solitario aveva giá fatto abbastanza. Mentre il suo distacco cresceva dall'inseguitore Van der Poel, tra gli ultimi sforzi ha avuto il tempo di pensare a come avrebbe festeggiato la vittoria in una gara che non sulla carta non avrebbe mai dovuto vincere.
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Louison Bobet ed Eddy Merckx sono gli unici due vincitori del Tour de France ad aver avuto successo alla De Ronde prima di Pogačar. In epoche in cui era forse molto più comune vedere i grandi scalatori affermarsi anche nelle classiche del pavé, lui sembra godere nello sfidare quelle che dovrebbero essere le regole implicite di chi ha successo nel ciclismo moderno. Anche prima della sua vittoria al Giro delle Fiandre c'era ben poco da dire su un corridore dal talento così trascendentale, che lascia sconcertati e sbigottiti quelli che sanno, quelli che pensano di capire.
Nell'intervista post-vittoria gli è stata chiesta un'ambizione e la possibilità di vincere la Parigi-Roubaix. La reazione naturale del cervello è di rifiuto: un vincitore del Tour de France che si presenta per vincere la Roubaix è un'idea che appartiene a un'epoca passata. A soli 24 anni, però, Pogačar ha ancora molto tempo per continuare a smentire ciò che crediamo di sapere.
Immagine di copertina di Zac Williams/SWPix