LA PASSIONE PER IL LAVORO | Intervista a Giuseppe Bigolin

LA PASSIONE PER IL LAVORO | Intervista a Giuseppe Bigolin

Selle Italia è leader mondiale nella produzione di selle per il ciclismo. Siamo andati a incontrare il patron della azienda Giuseppe Bigolin, ottantadue anni e ancora in gran forma. Nella quiete del suo ufficio ci ha raccontato una storia di lavoro e passione lunga quasi 125 anni. 

Autore: Juan Antnio Flecha Immagini: Giacomo Frison

Un estratto dell'intervista a Giuseppe Bigolin che potete leggere in versione integrale sul n. 13 di Rouleur Italia

Signor Giuseppe, da dove partiamo? Come inizia la sua avventura con Selle Italia? 

Ho cominciato rilevando quest’azienda storica che era nata nel 1897 in Lombardia, a Corsico, vicino a Milano. L’azienda aveva avuto il suo massimo splendore nel periodo tra la fine della Prima guerra mondiale e la Seconda guerra mondiale, quando la produzione e la vendita di biciclette e il ciclismo in Italia erano all'apice della loro storia. A Milano c’erano tutte le grandi aziende e i marchi del ciclismo più importanti come Bianchi, Legnano, Atala, Torpado Olimpia, Bottecchia. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale vicino a Milano si è cominciata a sviluppare l'industria dell'automobile e l'industria della bicicletta si è allora spostata in Veneto. In Veneto sono arrivate molte aziende che avevano sede nel milanese o in Lombardia, e di conseguenza anche tutta l'industria della componentistica e l’indotto si è trasferito in Veneto. Campagnolo, tra tutte è diventata l’azienda più importante ma è nata lì, è stata un polo importante. 

Ho rilevato quest’azienda verso la fine degli anni ‘60, era un po’ obsoleta. Selle Italia faceva soprattutto delle selle da corsa in cuoio usando il metodo delle presse ad acqua, era un tipo di lavorazione molto antico. Ho cominciato assumendo un collaboratore, in due producevamo trenta selle al giorno. Per fare un paragone, negli stessi anni Selle San Marco che aveva cominciato l'attività già nel 1935, aveva 200 dipendenti e faceva diecimila selle al giorno. Ora Selle San Marco è un’azienda che ci siamo comprati, appartiene nostro gruppo. A portarci a questi risultati è stato il lavoro duro e l’impegno costante.

Come fa dopo 50 anni ad essere ancora così vicino alla produzione? Le piace stare in azienda ed essere coinvolto nella produzione? 

Lavorare non è mai un divertimento ma il mio lavoro è sempre stato anche la mia passione. Questa cosa della passione per il lavoro uno o ce l'ha dentro, o non ce l'ha. Se uno ha questa attitudine per il lavoro e la coltiva, i risultati un po’ alla volta nel tempo arrivano e sono il prodotto di tanto impegno e di fatica. Vengo da una famiglia molto numerosa, eravamo tredici fratelli. Mio papà è stato molto bravo con noi perché ha fatto in modo che tutti i figli avessero un titolo di studio. Dico sempre - per scherzare - che quando mio papà è morto e ho aperto la lettera del testamento, c'era scritto: ‘Caro Giuseppe, ti lascio’, e poi nient'altro. Intendo dire che non mi è mai stato regalato niente, sono partito da zero, Dopo la sua scomparsa c’è stato da rimboccarsi le maniche e darsi da fare, senza mai far mancare l'impegno. In tutti questi anni abbiamo portato avanti quest’azienda fino a farla diventare – dicono (al Signor Bigolin piace mentre parla, con giustificato orgoglio ma anche con grande modestia, parlare in terza persona) - una delle più importanti del mondo nel suo settore. 

Oggi i suoi figli Riccardo e Carlo continuano il suo lavoro in azienda. Come si gestisce e fa crescere un business familiare? 

È un percorso molto lungo. Io per molto tempo mi sono occupato praticamente di ogni aspetto, qui dentro. Avevo dei bravi collaboratori ma tutto quanto passava attraverso di me: le decisioni importanti in tutti i campi, gli acquisti, i fornitori, l'amministrazione, lo sviluppo del prodotto, la produzione, le vendite, tutte le decisioni passavano dalle mie mani. Per tanti anni, soprattutto all’inizio, per sei mesi l'anno ero in viaggio, lontano da casa perché dovevo andare a seguire i mercati in tutto il mondo, in Europa, negli Stati Uniti, andavo ovunque nel mondo. Poi dagli anni ’70, quando l’azienda è diventata più grande e più solida fortunatamente il numero dei bravi collaboratori è cresciuto, e quindi ho potuto avere una vita un po' meno frenetica, anche se non ho mai avuto una vita in cui potermi permettere di dormire molto. I collaboratori però, senz’altro, mi hanno consentito di avere una vita un po' più vivibile. 

Lei ha vissuto il passaggio dalla produzione artigianale a quella industriale: quali sono le differenze? 

Siamo partiti dalle selle in cuoio. A quei tempi pedalare su una bicicletta era come andare a lavorare, era una sofferenza e servivano i calli. Oggi andare in bicicletta è un divertimento. Il grande cambiamento è arrivato con la tecnologia e con i nuovi materiali, grazie a quelli sono avvenuti i grandi cambiamenti che ci hanno portato alle selle di oggi. È stata soprattutto la ricerca e lo sviluppo dei nuovi materiali a fare la differenza. Quello che noi abbiamo sempre tenuto al centro di ogni progetto è stata l'idea che la sella dovesse diventare sempre più confortevole, il comfort di una sella è il fattore determinante per l’acquisto. Con orgoglio posso dire che negli ultimi quarant’anni tutti i miglioramenti e gli sviluppi che sono stati introdotti nel campo della produzione delle selle, anche quelli che oggi utilizza la nostra concorrenza, sono stati ideati e sviluppati da Selle Italia.

La sella è storicamente rimasto la parte della bicicletta con cui un ciclista ha un rapporto molto speciale. Quando un corridore sceglie il proprio tipo di sella, poi lo utilizza per una grande parte della sua carriera. Che rapporto ha avuto con i suoi atleti e campioni? 

La sella è importantissima, così importante che per non correre rischi il campionissimo Fausto Coppi durante i viaggi e i trasferimenti all'estero portava sempre con sé nei suoi bagagli, a portata di mano, il sellino della bici in cuoio. La sella era qualcosa di unico e speciale come lo è un violino o uno strumento di lavoro personale realizzato su misura. Questo succedeva con le selle in cuoio, oggi con i nuovi materiali tutto è cambiato. Il primo approccio alla scientificità che abbiamo inserito nella produzione delle nostre selle è stato con la Turbo usata da Bernard Hinault, che era nostro testimonial. Abbiamo cominciato a introdurre i concetti di spessori differenziati e di scocca portante. In alcune zone di appoggio c'erano degli spessori più duri, in altre zone spessori più morbidi, era una cosa che con il cuoio non si poteva fare. L'introduzione di nuovi materiali ha consentito di pensare alle selle in modo diverso, lavorando sia sulle superfici di appoggio che sulla scocca, per ottenere maggiore comfort. Poi da lì siamo passati al concetto di shock absorber, cioè alla possibilità in corrispondenza dell'alloggiamento del telaio metallico di piazzare alcuni elementi elastici o delle forme della struttura che sospendessero l'appoggio sul reggisella, smorzando le vibrazioni. Poi abbiamo introdotto il gel, nel 1984. Per realizzare la mia idea con il gel ero andato da un’azienda chimica tedesca che si chiama Wacker che produceva il silicone per le protesi mammarie. La mia idea era quella che il gel usato per le protesi da impiantare nel seno di una donna poteva essere la cosa più simile al gluteo di un essere umano. Immaginavo che il gel fosse in grado in qualche modo di riprodurre e offrire il comfort di cui il corpo umano aveva bisogno. Poi è arrivato anche il momento delle personalizzazioni estetiche.  

Tra tutte le innovazioni nel mondo del ciclismo, qual è stata secondo lei la più importante? 

Innovare significa fare qualcosa che nessuno nella storia ha mai fatto prima. Per quanto riguarda la produzione di selle l’innovazione che io ritengo più importante è arrivata con la nostra sella Flite, che è stata rivoluzionaria. Innovare significa anche fare la rivoluzione, certe volte. Se si osserva una sella Fly e la si confronta con le selle che esistevano fino a quel momento, si capisce che era qualcosa di mai visto prima. La modifica essenziale a cui abbiamo pensato è stata quella di eliminare una porzione di sella chiamata trave, le selle fino a quel momento avevano un bordo che era un grande limite al confort. L'innovazione portata dalla sella Flite non ha soltanto cambiato la nostra storia, ma la storia della produzione di tutte le selle del mondo, anche quelle della nostra concorrenza. La sella Flite è stato il primo prodotto di un nuovo modo di concepire e costruire le selle. Innovare non significa creare un prodotto nuovo, significa cambiare il modo in cui si fanno le cose.

 Continua a leggere sul n. 13 di Rouleur Italia

Autore: Juan Antnio Flecha Immagini: Giacomo Frison

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