Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Rouleur Italia 23: Numeri.
In che fase della carriera agonistica ti senti?
Non ho ancora deciso se la mia carriera durerà un anno o due. Non porterò avanti la vita da atleta ancora per molto. Il tempo è passato così in fretta che solo ora, avvicinandomi alla fine, comprendo quanto una carriera possa essere breve. Se ripenso a Rio 2016, mi sentivo ancora giovane, nel pieno della mia carriera, ma questi otto anni sono letteralmente volati. Oggi riesco ad apprezzare pienamente tutto quello che ho fatto, e anche a godermi la vita sportiva molto più di quanto riuscissi a fare allora.
Cosa apprezzi di questo periodo?
Prima, a volte, vivevo il ciclismo quasi come un sacrificio: c’erano cose che dovevo fare per forza, come allenarmi o andare a correre. Ora, invece, mi piace davvero ciò che sto facendo. Sapere di essere vicina alla conclusione di un percorso agonistico così bello, che è stato un viaggio straordinario, mi fa apprezzare ogni momento ancora di più.
Come immagini di affrontare il momento in cui dirai addio alle gare?
L’altro giorno parlavo con Christine Majerus, che è in squadra con me e ha vissuto ogni momento fin dal primo anno della squadra. Mi raccontava di come, nell’ultimo anno della sua carriera, non abbia pensato troppo al fatto che sarebbe stato l’ultimo, concentrandosi soprattutto sull’Olimpiade a Parigi, che per lei era un’esperienza speciale visto che vive a Parigi. Io, invece, credo che vivrò quel momento in modo opposto: avrò bisogno di metabolizzare tutto, di pensare che è ‘l’ultima volta’ per ogni allenamento e gara. Ognuno affronta questi momenti a modo suo. Io so quello che voglio e non mi inventerò nulla di nuovo ora. È stato bello sognare da giovane, e oggi mi godo appieno questa fase della mia carriera.
Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Rouleur Italia 23: Numeri.
Cosa significa per te essere una ciclista?
Fare questa vita ti fa sentire privilegiata. Fare la ciclista significa esserlo h24: non scendi dalla bici per condurre una vita normale. Ci sono cose che semplicemente non puoi permetterti, come concederti un weekend lontano o uscire con gli amici. In piena stagione, non puoi nemmeno andare a mangiare una pizza e bere una birra come tanti giovani della nostra età. Sono tanti sacrifici e rinunce, ma capisci che stai facendo qualcosa di unico, qualcosa di straordinario che non tutti possono vivere. Fai quello che ami, e tutto il resto passa in secondo piano. Forse da giovane mi veniva più naturale, perché ero fresca sia mentalmente che fisicamente. Ora però, anche quando sono stanca, penso che ciò che sto facendo è un privilegio. Ed è questo che mi piace: ti godi ogni momento un po’ di più.
In che modo il ciclismo ti ha aiutata a crescere, anche sul piano personale?
Oggi non mi spaventa più viaggiare. Se devo partire, preparo la valigia tranquillamente la sera prima. Tutte queste esperienze pratiche ti danno una marcia in più. Negli ultimi anni, da quando non ho più gli impegni scolastici, sono anche molto più rilassata. La vita da atleta ti insegna tanto anche nelle relazioni. Da giovane ero meno tollerante e perdevo facilmente la pazienza. Oggi mi rendo conto che, quando sono via da casa, devo convivere con compagne con cui sto benissimo, ma che comunque non sono la mia famiglia né le mie migliori amiche. Spesso si tratta di trovare il giusto equilibrio. Tolleranza e pazienza, qualità che un tempo non avevo e che ancora non sono il mio punto forte, ma sono aspetti in cui sono migliorata molto.
Con chi hai legato di più all’interno dell’SD Worx-Protime?
Ho un legame molto speciale con Demi (Vollering) perché siamo entrate in squadra insieme nel 2021, e da allora è stata la mia compagna di stanza durante tutti i ritiri nella casetta in Spagna. Quest’anno, però, non sarà più così perché il gruppo è cresciuto molto — una dimostrazione di quanto il ciclismo femminile stia cambiando. Con Demi ho condiviso tantissimo, anche perché la sento molto vicina a me come personalità. È una che vive intensamente e non nasconde le sue emozioni: se, dopo una gara, ha bisogno di piangere, piange. Se è arrabbiata, lo noti subito. Mi piace chi si esprime apertamente.
Guardando indietro, come ti rivedi?
Sono molto fiera della bambina che ero, perché a volte penso di essere stata persino più determinata di quanto lo sia oggi. Ricordo le prime gare a cui partecipavo (corro in bici da quando ho 6 anni) — il ciclismo è sempre stato lo sport della mia famiglia. Da piccola, per me era fondamentale vincere, non esisteva nient’altro. Se perdevo era un dramma. Su questo sono cambiata molto: vincere a 10 anni è una cosa, farlo nella massima categoria è tutt’altro. Ho un bellissimo ricordo di me bambina e sono soddisfatta di come mi sono evoluta, soprattutto dal punto di vista caratteriale.
Come descrivi il legame con il tuo Friuli Venezia-Giulia?
È un imprinting, qualcosa di culturale che senti profondamente. Agli Europei ho chiacchierato molto con Jonathan Milan, e ci siamo ritrovati a parlare in dialetto. Noi friulani abbiamo una visione un po’ diversa rispetto ad altri, forse perché veniamo da una regione appartata. Anche raggiungere gli aeroporti richiede tempo: siamo un po’ fuori mano rispetto al resto d’Italia. Siamo fortunati perché viviamo in una zona tranquilla, senza traffico. Siamo grandi lavoratori, persone pratiche e riservate. Come ripetono spesso i miei genitori, basta pensare al terremoto del ’76: abbiamo ricostruito tutto rimboccandoci le maniche, senza aiuti esterni, ognuno dando il proprio contributo. Questo è l’essere friulano, e io vengo da una famiglia profondamente legata a questa cultura. Sono orgogliosa delle mie radici, e credo di essere una persona concreta.
A proposito di Jonathan Milan, cosa pensi della sua vittoria ai Mondiali su pista?
Avevo visto Jonathan tranquillo riguardo alla prova su strada, e mi aveva anticipato che, ai Mondiali su pista, avrebbe partecipato solo all’Inseguimento individuale. Gli avevo chiesto: ‘Come mai non il quartetto?’ e mi aveva spiegato che, con l’Olimpiade, si era chiuso un ciclo e che voleva mettersi alla prova in quella gara, puntando tutto su sé stesso. È una cosa da friulani: lavorare sodo per un obiettivo e dimostrare di poterlo raggiungere. Sono stata davvero felice per lui, e per la sua medaglia d’oro.
Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Rouleur Italia 23: Numeri.