Testo di Emilio Previtali
Foto di Alessandra Bucci
Ci piace pensare che andare in bicicletta sia una delle cose più belle, ecologiche e sostenibili che possiamo fare. In un certo senso, è esattamente così. Negli spostamenti brevi la bicicletta è imbattibile: non inquina, non occupa spazio, è veloce, sana, piacevole, divertente, silenziosa, non invadente nel contesto della città, adatta ad adulti e bambini. Molti appassionati di ciclismo sono anche utilizzatori della bicicletta per il commuting e fermi sostenitori dell’uso della bicicletta per la mobilità urbana, anche se non sempre è così. Per molti la bicicletta è un attrezzo sportivo e il ciclismo soltanto uno sport di prestazione. Non tutti gli appassionati di ciclismo, per quanto il ciclismo sia uno sport che tutti amiamo praticare nella natura e su strade che attraversano paesaggi meravigliosi, hanno a cuore le strade e l’ambiente. Resto sempre sbalordito quando vedo a terra a bordo carreggiata degli incarti di integratori e gel usati che alcuni tra noi gettano via disinvoltamente dopo l’uso, come se la natura e le strade non fossero funzionali ad altro che alla loro sfigatissima performance sportiva.
Come industria, come sport e come fenomeno culturale, il ciclismo sportivo ha ancora molta, moltissima strada da fare. Come per ogni sport moderno il ciclismo basa il suo business sulla vendita ai praticanti di una serie di prodotti: biciclette, componenti, abbigliamento, nutrizione, accessori. C'è un costo ambientale nella produzione, nel trasporto e anche nel possesso di oggetti: quanto dura un capo di abbigliamento o un telaio, o un componente, come viene prodotto e distribuito e come lo smaltiamo a fine vita, sono tutti aspetti su cui da utilizzatori non vorremmo spendere troppe energie mentali, ma che in realtà sono estremamente importanti in termini di impatto ambientale. Per quanto riguarda il ciclismo professionistico invece, questo sport e la produzione degli eventi o delle immagini televisive che tutti amiamo guadare in TV sposta veicoli, infrastrutture e migliaia di persone da una città a un altra, da una nazione a un’altra, da un continente all'altro. L’impatto sull’ambiente, è enorme.
In questo numero abbiamo indagato il tema della sostenibilità nel ciclismo e nella sua industria. Parlando con persone creative, visionarie e guidate dal desiderio di innovare, abbiamo provato ad analizzare e comprendere i problemi che il ciclismo deve affrontare e risolvere. Anche le squadre professionistiche e soprattutto il governo dello sport e gli organizzatori dovranno affrontare il problema. È difficile da dire su una rivista di ciclismo ma il ciclismo professionistico, tra tanti, è probabilmente lo sport meno sostenibile.
Serve cambiare e serve farlo in fretta.