La bella fabbrica

ARTICOLO PRODOTTO IN COLLABORAZIONE CON PIRELLI E PUBBLICATO SU ROULEUR ITALIA 019 - LA BICI CAMBIERÀ IL MONDO

Vista dall’alto Milano appare come una successione di poligoni concentrici inseriti uno dentro l’altro. Disposte come i fili di una ragnatela e collega- te tra loro da una rete stradale circolare, le arterie che portano verso le periferie a partire dal centro storico consentono non soltanto di spostarsi nello spazio ma anche di viaggiare nel tempo. Le vecchie tangenziali interne che circondano la città sono state inghiottite dal cemento e dalle costruzioni e un po’ come gli anelli di accrescimento che possiamo osservare in sezione nei tronchi d’albero, rappresentano la memoria delle dimensioni originarie della città. Ogni tanto, tra il cerchio disegnato da una tangenziale e quello successivo, qualche frammento del passato industriale affiora come reperto fossile di una storia lontana. Comprendere la topografia della metropoli significa comprendere la sua storia e il suo sviluppo sociale, industriale, economico.

Per capire Milano, il suo pulsare, il suo continuo espandersi dettato dalla necessità di allontanare le attività produttive dai luoghi residenziali e dagli uffici, serve la pazienza di osservare. Milano è un vero e proprio organismo vivente e la sua vitalità non dipende dalla storia passata ma dalla capacità di sapersi rinnovare continuamente. La più moderna città italiana è forse l’unica del belpaese ad avere un buon rapporto con la sovrapposizione architettonica degli stili e a saper rendere onore al passato ma anche dimenticare, trasformarsi, espandendosi e rinnovandosi in continuazione.

Mi trovo a Bollate, a nord della città metropolitana di Milano, all’esterno del rinnovato stabilimento Pirelli dove da poco più di un anno si producono gli pneumatici da ciclismo della marca. Un tempo qui si producevano pneumatici per automobili, oggi è tutto cambiato. Si tratta dell’unico stabilimento in Italia di pneumatici per biciclette ed è un complesso grande e moderno, sono 60mila mq di superficie cui circa 34mila coperti. Non so che idea avete voi di una fabbrica di pneumatici ma la mia idea, prima di visitare questa, era decisamente differente. Me la immaginavo cupa e sinistra, nera come la gomma come forse era in passato. Invece i colori che mi circondano sono brillanti, gli spazi ampi, l’aria pulita, i dipendenti che vedo nei viali o negli uffici sorridenti e gentili.

È la seconda volta che vengo qui e a colpirmi, nel ,caos della periferia dove zone industriali e edifici residenziali si mescolano e si confondono è l’atmosfera che si respira appena varcato il cancello d’ingresso. Dentro la fabbrica è un altro mondo, l’impressione una volta entrati è quella di trovarsi inaspettatamente in un’ oasi di ordine e organizzazione. A ricevermi c’è Pietro Pagani, il quale, al momento della mia visita, riveste sia il ruolo di CEO di Pirelli Industrie Pneumatici Italia che quello di direttore della fabbrica di Bollate. Camminando a fianco a lui mentre andiamo verso la zona di produzione e gli uffici dove realizzeremo le interviste, attraversiamo un prato molto curato che fiancheggia a ovest lo stabilimento. “Non solo le zone di produzione ma anche tutte le aree esterne, in un’idea più ampia e complessiva di rinnovamento, sono state completamente ridisegnate”, mi fa notare. Già la prima volta che ero stato qui la camminata preliminare per raggiungere gli uffici e la zona di produzione, passando accanto alla mensa-ristorante e zigzagando tra grandi alberi, mi era sembrato una sorta di preludio utile a comprendere gli sforzi messi in campo per ripensare alla fabbrica come luogo delle persone invece che dei pneumatici.

Periferia è una parola che deriva dal latino tardo e che definisce la parte più marginale e contrapposta al centro di uno spazio fisico o di una città. Oltre a indicare la collocazione geografica di un luogo nel tessuto urbano, la parola periferia aggiunge al contesto della frase in cui si trova un non trascurabile riferimento culturale, con una connotazione spesso riduttiva o dispregiativa, sinonimo di squallore e desolazione. Mentre sono seduto in uno degli uffici e in attesa delle persone che dovrò intervistare guardo fuori dalle grandissime vetrate che danno sul parco, vedo alcuni scoiattoli che si rincorrono. Penso a quello che c’è fuori e che le periferie della città di Milano si sono continuamente spostate verso l’esterno della città fino ad arrivare qui, a circa dieci chilometri in linea d’aria dalla centralissima Piazza Duomo. Intere parti della città hanno perso la loro funzione produttiva originaria e re-immaginando la propria identità hanno dovuto nel tempo ridefinire il proprio ruolo nel contesto della metropoli che si espande. “Questa fabbrica fu costruita quasi sessant’anni fa”, mi spiega Pietro Pagani.

Dalla fine degli anni settanta, a seguito del processo sempre più incalzante di espansione della città e di delocalizzazione delle aziende, la storica sede Pirelli del quartiere Bicocca, dove oggi si trova l’headquarter della azienda, oggi un vero e proprio campus aziendale, subì i primi mutamenti radicali. Pirelli optò per un trasferimento delle aree produttive e questa decisone ebbe un impatto fortissimo sul quartiere e sulla città di Milano.

Erano gli anni del boom economico italiano, la motorizzazione del Paese cresceva velocemente e il settore automobilistico richiedeva catene di approvvigionamento corte. Nel 1963 Pirelli costruì la fabbrica di Bollate, alla periferia di Milano, per produrre componentistica per auto. 

Nel frattempo, mentre in quegli anni e in quelli a seguire si svolgeva un forte dibattito per riconvertire le ex-aree industriali del quartiere Bicocca, e mentre nel 1985 Pirelli indisse autonomamente un concorso internazionale volto alla trasformazione urbanistica dell’area di circa 300.000 mq per riconnettere l’area di produzione con il tessuto urbano circostante, la fabbrica di Bollate funzionava a pieno regime passando a produrre pneumatici per automobili e abbandonando la componentistica.

“La produzione di pneumatici per automobili rispetto a quelli per bicicletta ha alcune specificità”, mi spiega Pietro Pagani. “Le fasi di lavorazione sono sempre tre - preparazione dei semilavorati e delle mescole, confezionamento e vulcanizzazione - ma l’impalpabilità dei materiali, l’utilizzo di semilavorati con spessori molto ridotti e tolleranze minime, richiedono grande precisione”. Ricordando i primi esperimenti di produzione degli pneumatici bici, avvenuto soltanto 3 anni fa, Pietro Pagani racconta un aneddoto riguardante i feedback degli operai un tempo abituati a lavorare su gomme per automobili: “I nostri specialisti al lavoro, nella fase di messa a punto dei processi di produzione nel 2020, sottolineavano quanto fosse difficile sentire i componenti”. Produrre uno pneumatico per bicicletta ha le sue specificità ma l’esperienza e il know how di Pirelli nel campo auto e moto non ha fatto che accelerare il processo di messa a punto di prodotti bici di eccellenza.

Matteo Barbieri, che all’epoca della mia visita, ricopre la posizione di Responsabile della Divisione Cycling presso Pirelli, mi fa notare le caratteristiche intrinseche del pneumatico da ciclismo e il tipo di aspettative del cliente finale, diverse rispetto all’utilizzatore del pneumatico per automobili: “Nel mondo auto il cambio dei pneumatici è vissuto quasi sempre come una specie di fastidio inevitabile e che ciclicamente si ripete in modo oneroso. L’utilizzatore di una bicicletta sportiva a cui ci rivolgiamo con i nostri prodotti premium, invece, vive questo momento come un upgrade per il proprio mezzo in grado di apportare notevoli vantaggi sia in termini di performance, sia di sicurezza e comfort”.

Questo tipo di sensibilità e di percezione, nel mondo auto, è limitata a un segmento molto ristretto e specifico di utilizzatori denominato prestige. Parliamo di pneumatici sportivi o di altissima gamma per auto come Ferrari, Lamborghini, Aston-Martin, Bentley, su cui Pirelli ha una quota elevatissima nel primo equipaggiamento. Matteo Barbieri ha lavorato a lungo in questo ramo nel suo incarico precedente. “Lavoro in Pirelli da 18 anni e i punti di contatto e le analogie tra i due mondi, prestige car e ciclismo, sono molti. Il guidatore di un’auto ad alte prestazioni è solitamente un grande appassionato, conosce quasi tutto del proprio veicolo e vuole i pneumatici migliori, magari derivati dalle competizioni, per avere le migliori performance. Questa stessa passione e attenzione si ritrova anche nel ciclismo, dove un amatore qualsiasi può utilizzare lo stesso identico prodotto di un corridore del WorldTour e apprezzarne inequivocabilmente in prima persona le qualità: è una situazione unica nel campo della produzione degli pneumatici”.

“La segmentazione dei prodotti bici è molto spinta”, continua Matteo Barberi. “Pirelli conta circa trecento articoli in gamma. Il pneumatico bici viene scelto in base a molti parametri: il tipo di bicicletta, il terreno di utilizzo, i cerchi e il tipo di performance richiesta al pneumatico. Perfino l’aspetto estetico e di abbinamento di colore, è importante”. Dal punto di vista della messa a punto dei modelli e del line-up, i pneumatici Pirelli vengono progettati e testati da un reparto di ricerca e sviluppo che lavora trasversalmente sulle linee auto, moto e bici. “Il nostro centro di ricerca e sviluppo di Milano è a meno di un quarto d’ora da questo stabilimento”, spiega Pietro Pagani. “Lo stabilimento di Bollate rappresenta oggi una specie di fabbrica modello, una piccola bomboniera in grado di sfornare prodotti bici di altissima qualità sotto la supervisione diretta dei centri ricerca di Milano”.

“L’innovazione è nel DNA di Pirelli così come l’attitudine al racing”, spiega Matteo Barbieri. “Abbiamo festeggiato centodieci anni di motorsports da poco, siamo attualmente impegnati come fornitori in For- mula1, nel WRC - World Rally Championship e nel WSBK – Campionato Mondiale Superbike, e in oltre 350 competizioni motoristiche in tutto il mondo, per cui la capacità tecnica di produrre pneumatici ai vertici della performance dal punto di vista sportivo è uno dei nostri principali punti di forza, oltre che uno strumento di comunicazione con i nostri potenziali clienti”. Lo stesso avviene nel settore bici, dove la presenza di Pirelli con team del WorldTour e nei principali campionati MTB, attesta le alte prestazioni del prodotto, il quale può essere poi montato identico sulla propria bicicletta. Un business, quindi, assolutamente strategico e non marginale.

“Per Pirelli la bicicletta ha un grande valore storico e simbolico: furono proprio le gomme da bici, alla fine del 1800, il primo tipo di pneumatici pro- dotto da Pirelli. Trasformare la fabbrica di Bollate in un centro di produzione per pneumatici bici non è stata soltanto una scelta commerciale o logistica, ma piuttosto la scelta di entrare con decisione in una nuova fase industriale e di instaurare un nuovo tipo di dialogo con i nostri consumatori. Il progetto di Bollate ci consente oltre che di produrre pneumatici di altissima qualità tecnologica, anche di aggiungere valore al territorio attraverso interventi che mirano a rendere moderno e sostenibile tanto lo stabilimento, quanto il contesto circostante”. Parlare di fabbrica significa parlare di processi, di prodotti, di società, di innovazione tecnologica e di persone. Pirelli ha dimostrato da sempre grande attenzione al tema della comunicazione, della cultura e delle relazioni: con i propri clienti ma anche con i propri lavoratori e con il territorio. Pirelli non è un marchio qualsiasi, è un love brand. È cioè una di quelle marche che ha saputo creare nel tempo un legame emotivo forte con i propri stakeholder. Lo storytelling del brand, i prodotti offerti al mercato e i contenuti che vengono crea- ti e condivisi attraverso varie piattaforme o iniziative devono essere funzionali a questa funzione. Ogni azione - e la ristrutturazione dello stabilimento di Bollate è tra queste - ha anche l’obiettivo di rafforzare la personalità della marca, rendendola riconoscibile e rilevante per il consumatore, anche introducendo significati evoluti di innovazione, di sostenibilità e di legame con il territorio che riescano ad essere al passo con la modernità e le aspettative delle nuove generazioni. “Essere Pirelliano - cioè un lavoratore da lunga data per Pirelli, spiega con convinzione Pietro Pagani - è quasi un sentimento. Pirelli è una multinazionale che conta oltre 30mila lavoratori nel mondo nella quale il valore dei rapporti umani e delle relazioni è preso molto seriamente. La ristrutturazione della fabbrica di Bollate testimonia non soltanto il desiderio di eccellere dal punto di vista tecnologico nel settore degli pneumatici bici, ma la relazione forte tra Pirelli, la città di Milano e il territorio in cui lo stabilimento è inserito, e i lavoratori”.

“Questo progetto ha una componente tecnica importantissima, perché tutti i gli ambienti sono stati completamente rivisti e riorganizzati in modo moderno e tutti i macchinari utilizzati per la produzione dei pneumatici bici sono esclusivi, costruiti cioè su specifiche e progetti Pirelli, tutti con certificazioni europee. Oltre a questo è stato fatto anche un enorme lavoro sulle persone”, spiega Pietro Pagani. La fabbrica di Bollate conta lavoratori che hanno un’età media di circa cinquant’anni. “Nella media i lavoratori di questo sito produttivo hanno quasi tutti circa 25 anni di anzianità di lavoro con Pirelli e ce ne sono alcuni che ne hanno addirittura 30, o 35”, continua Pietro Pagani. “Queste persone lavorano per Pirelli da una vita intera e tra il 2020 e il 2021, nel periodo di ristrutturazione e rifacimento della fabbrica (che è coinciso con quello della pandemia) si sono impegnate in un cambiamento importante della propria professionalità”.

“Questi lavoratori sono stati portati a lavorare su prodotti e in un ambiente lavorativo completamente differente rispetto al passato, con materiali diversi e tecnologie differenti”, racconta Matteo Barbieri. “Circa 240 persone sono state formate nuovamente dal punto di vista professionale. Si è trattato di un progetto molto ambizioso in cui la componente umana e il senso di appartenenza, l’attaccamento ai valori di Pirelli, è stata decisiva”.

“Fino a prima che cominciassimo a produrre pneumatici da bicicletta non credo che nessuno a parte qualche collega, qui nello stabilimento di Bollate, sapesse della mia passione per il ciclismo e del mio passato da corridore dilettante”, racconta Alberto Destro, un lavoratore della fabbrica addetto alla mes- sa a punto delle ricette e dello sviluppo del prodotto nel reparto di vulcanizzazione. “Pedalo per circa 18mila chilometri ogni anno e vengo al lavoro ogni giorno in bicicletta. Sono direttore 

sportivo della U.S. Pessano, una squadra locale giovanile e alleno i ragazzini della categoria esordienti. Sono entrato in Pirelli nel 1995 e dopo tanti anni di lavoro sui pneumatici per automobili, il passaggio alla produzione dei pneumatici da ciclismo mi ha entusiasmato. In un certo senso sento che le mie due anime, quel- la di corridore e quella di lavora- tore si sono riconciliate”.

È difficile immaginare che per un prodotto poco sexy, forse poco attraente come un pneumatico da bici, si possano immaginare tanti punti di vista differenti che oltre che con la performance, il comfort e la qualità tecnologica hanno a che fare anche con la socialità, il territorio e la relazione tra le persone. Ogni marchio deve oggi saper aggiungere agli aspetti tecnici e commerciali una dimensione culturale e valoriale in grado di elevarlo sulla concorrenza. In Pirelli questo, oltre a degli ottimi pneumatici per bicicletta, è una cosa che sin dagli inizi nella città di Milano, nel lontano 1872, sanno fare benissimo.

 

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