Testo di: Emilio Previtali
Foto: Getty Images
Quando Tadej Pogačar sul Poggio, dopo circa 285 chilometri di corsa, è scattato alzandosi in piedi sui pedali, tutti noi che guardavamo la Milano-Sanremo ci siamo raddrizzati sul sedile della poltrona. Finalmente. Dopo 6 ore di telecronaca, dopo il forcing sulla Cipressa, dopo i grandi sforzi dei protagonisti e delle squadre per prendere il Poggio nelle prime posizioni, dopo il forcing della Bahrain-Victorious prima e di Tim Wellens poi che sprintava in testa al gruppo per farlo disintegrare, la vera distillazione finale degli atleti più forti in gara era finalmente cominciata.
La Milano-Sanremo è una gara schizofrenica, prima non succede niente per ore, poi succede tutto in pochi minuti, è il fascino della corsa. Sul Poggio è bastato un solo scatto di Tadej Pogačar e sono rimasti in quattro e forse più di qualcuno è rimasto sorpreso nel vedere lì, tra i primissimi, quel gigante di Filippo Ganna. È stato proprio lui in effetti, mettendo in mostra un'agilità di pedalata sbalorditiva, a ricucire e a neutralizzare l’attacco di Pogačar. Dietro a lui solo Mathieu van der Poel e Wout Van Aert avevano tenuto il colpo, poi a parecchi metri di asfalto di distanza, il resto del mondo. Era quasi certo a quel punto, a meno di un chilometro dallo scollinare, che la vittoria se la sarebbe presa uno di loro.
Pogačar, reduce da un inizio di stagione strepitoso con 7 vittorie in 13 giorni di gara, dopo una Parigi-Nizza stellare in cui ha dimostrato una condizione già straordinaria, era il corridore più temuto dagli avversari e il più atteso dai tifosi. Forse per questo, quando Mathieu van der Poel ha prodotto un ulteriore allungo portandosi in testa alla corsa, Filippo Ganna che in quel momento sembrava perfettamente in grado di tenere sotto controllo chiunque, ha scelto di pazientare. La pazienza, è la virtù dei forti, deve avere pensato Filippo decidendo di fare la sua corsa su di lui.
Ha atteso che fosse Pogačar, il favorito numero uno, a muoversi e a ricucire lo strappo su Mathieu van der Poel ma quella rimonta, quel contro-scatto che lui e noi tifosi ci attendevamo, non è mai arrivato. Mathieu van der Poel ha allungato e ha cominciato la discesa da solo, leggermente avvantaggiato sugli altri tre. Dev’essere senz’altro balenato per un millesimo di secondo nel cervello di Filippo Ganna l’idea che andare dietro a Mathieu van der Poel quando è scattato, era la scelta giusta da fare, ma pochi metri dall’inizio della discesa finale verso Sanremo e a una decina di metri di distanza dalla sua ruota posteriore, non c’era più possibilità di fare altrimenti. In fin dei conti comunque, essere lì in cima al Poggio con Pogačar e Wout Van Aert, con la possibilità di sferrare un attacco di potenza nel tratto di pianura finale, non era poi così male.
La discesa giù dal Poggio è stata veloce ed emozionante, Mathieu van der Poel ha guadagnato quella manciata di secondi che si capiva potevano bastare per vincere la gara. E così è stato, in effetti. Quei 2 chilometri e trecento metri circa che lo scorso anno Matej Mohrič e nel 2018 Vincenzo Nibali avevano fatto sembrare eterni, sono volati via in un amen. Quando Mathieu van der Poel è comparso da solo sul rettilineo d’arrivo, ripreso dalle telecamere fisse vicino al traguardo, era chiaro che la corsa era conclusa. Il vincitore della 114esima edizione della Milano-Sanremo sarebbe stato lui. Se lo è meritato e come lui stesso ha detto nell’intervista: “È straordinario poter vincere una corsa come questa, in questo modo. È raro vedere alla Sanremo un corridore che si presenta sul rettilineo d’arrivo da solo, e io ci sono riuscito”. Ha ragione, Mathieu van der Poel. Giù il cappello a lui, che alla Tirreno-Adriatico si era senz’altro nascosto un po’.
Quando subito dopo l’arrivo del vincitore le telecamere sono andate a cercare i corridori in lotta per il piazzamento d’onore, probabilmente un buon numero di telespettatori - quelli che non sanno bene di che pasta è fatto Filippo Ganna - si aspettavano di vedere un testa a testa tra Wout Van Aert e Tadej Pogačar, con il buon Filippo già rassegnato a restare ai piedi del podio. Vederlo lì in primo piano, qualche metro davanti a quei due, e vedere Wout Van Aert ad un certo punto della volata rialzarsi ed arrendersi allo progressione irresistibile di Filippo Ganna, è probabilmente uno di quei turning point che ricorderemo a lungo, sia noi spettatori appassionati, sia Filippo Ganna, sia tutti i suoi avversari.
Forse da oggi, inizia una nuova era.
Lo ha detto Filippo stesso nell’intervista alla fine della corsa: “Quando è scattato Mathieu van der Poel era difficile decidere cosa fare. Sulla salita, lì per lì, avevo la sensazione di poterlo seguire, però ho avuto paura. È una delle prime volte che mi trovo in una situazione del genere, con corridori del genere, non sapevo nemmeno io come avrebbero potuto reagire le mie gambe. Però è stato importante, questa è stata anche una esperienza utile in vista delle prossime gare al nord”.
La speranza è che dopo questa corsa, tenuta sotto controllo in questo modo, con tanta forza e tranquillità, qualcosa di nuovo e di bellissimo sia scattato dentro la testa di Filippo Ganna. La consapevolezza, fa miracoli.
A 27 anni Filippo Ganna si avvia a vivere gli anni più entusiasmanti della sua carriera, quelli in cui dopo tanto lavoro duro, tanti successi in pista e nelle prove a cronometro o al servizio dei compagni di squadra, potrà finalmente puntare a raccogliere risultati nelle classiche di un giorno. Prossimo obiettivo, dichiarato davanti alle telecamere, la Parigi-Roubaix. “Vincere oggi sarebbe stato meglio”, ha detto Filippo. “Mi tocca ritornare alla Sanremo per provare a vincere l’anno prossimo”.
Di sicuro questo secondo posto, che solo i più fedeli appassionati si aspettavano, è benzina sul fuoco. Il pavé ti aspetta, Filippo. E anche noi ti aspettiamo.
Non vediamo l’ora che sia il 9 aprile.