Necessità antica, risposta moderna. In dialogo con la psicologa di Trek-Segafredo Elisabetta Borgia

Elisabetta Borgia è la prima psicologa sportiva inserita a tempo pieno nelle squadre maschili e femminili della Trek-Segafredo

Negli ultimi anni, diversi corridori hanno preso una pausa dalle gare per proteggere la propria salute mentale. La memoria corre a Marcel Kittel, che nel maggio del 2019 decise di prendere uno stop dal ciclismo professionistico perché non riusciva ad allenarsi e gareggiare al livello richiesto. Kittel dichiarò che avrebbe riflettuto sui propri obiettivi e avrebbe programmato il suo futuro con più calma. Tuttavia, tre mesi dopo, il tedesco si ritirò dal ciclismo professionistico e da allora non ha avuto rimpianti.

Leggi anche: La nuova vita di Fabio Aru.
 
Un episodio più recente è quello di Tom Dumoulin, che lo scorso gennaio, a pochi giorni di distanza dal camp di allenamento con la Jumbo-Visma, decise di prendere un periodo di riflessione perché fisicamente e mentalmente esausto. Dumoulin, però, dopo una visita ai compagni di squadra all’Amstel Gold Race, dichiarò che era pronto a tornare in bicicletta. La pausa gli fece incredibilmente bene: dopo essere tornato alle competizioni al Giro di Svizzera a maggio, ad agosto vinse la medaglia d’argento alle Olimpiadi di Tokyo nella cronometro individuale.

Marcel Kittel (destra) assieme a Peter Kennaugh (centro) e Laura Winter (sinistra) al Rouleur Live 2021, il nostro evento di Londra, dove hanno parlato del peso psicologico della carriera professionista. Foto: Sean Hardy.  

Dunque, la notizia che la squadra americana Trek-Segafredo abbia inserito una psicologa dello sport all’interno delle proprie squadre femminili e maschili a partire dal 2022, non dovrebbe stupire più di tanto. In fin dei conti, oltreché a proteggere la salute mentale degli atleti, la figura dello psicologo sportivo è usata da molti anche come uno strumento per costruire forza mentale ed incrementare le prestazioni sportive.
 
Tuttavia, la mossa di Trek dello è qualcosa di nuovo nel ciclismo professionistico e la figura scelta dalla squadra americana è quella dell’italiana Elisabetta Borgia, che aveva collaborato come consulente esterno per la squadra femminile già nelle stagioni passate. 

Necessità antica, risposta moderna

Elisabetta Borgia (sinistra) al raduno con la Trek-Segafredo di dicembre. Qui assieme a Elisa Longo Borghini con cui ha già lavorato in passato. Foto: Trek-Segafredo.

“Non credo che [in passato] non ci fosse bisogno in passato di una persona di supporto,” ha spiegato Borgia a Rouleur. “Però credo che si osservassero le cose più macroscopiche, mentre si faceva più fatica a vedere le cose più fini.”
 
Il fatto che oggi si sia creata una maggior sensibilità rispetto al benessere mentale degli atleti è dovuto a diversi fattori, tra cui una maggiore sensibilità comune e un'incrementata attenzione da parte dagli enti sportivi come il Comitato Olimpico Internazionale (CIO), le federazioni, e ovviamente le squadre. 

Leggi anche: Scratch, Madison e pittura. Il mondo veloce di Martina FIdanza
 
“Alcune ricerche del CIO ci dicono infatti che gli atleti di altissimo livello, sono le persone che riscontrano più problemi psicologici rispetto alle media di quelle non sportive della loro stessa età,” racconta Borgia.
 
E tra i vari malesseri del nostro tempo — che non bisogna essere atleti di alto livello per aver provato almeno una volta — ci sono attacchi d’ansia, disturbi alimentari e depressione. E, oltre a dover confrontarsi con le pressioni esercitate dalla società moderna, gli atleti di alto livello devono anche sopportare lo stress di ambienti altamente competitivi come quelli sportivi. Il che risulta in una maggiore vulnerabilità all'accumulo di richieste e aspettative.Sempre con Elisa Longo Borghini, alla Strade Bianche 2021. Foto: Trek-Segafredo.

Inoltre, la realtà nella quale viviamo oggi non è più quella in cui vivevamo anche solo 10 anni fa. Nel microcosmo di un team ciclistico professionista, questo si traduce nell’avere a disposizioni più dati individuali e più aree alle quali prestare attenzione: bike-fitting, fisioterapia e trattamenti di osteopatia, nutrizione, allenamento, riposo, sonno, carichi di allenamento, aerodinamica.
 
“La prestazione è talmente suddivisa in così tante aree che se riesci a prendere il buono in ogni parte [riesci a mantenere l’equilibrio], ma se sei già un po’ insicuro e fai fatica, le variabili da gestire diventano disorientanti,” aggiunge Borgia.

Leggi anche: Jan Ullrich, sulla strada della redenzione
 
Senza dimenticare, poi, le obbligazioni mediatiche e quelle giornaliere con i social media, che possono rendere gli atleti più suscettibili e vulnerabili nei confronti di commenti e tifosi aggressivi.
 
“Oggi l’atleta è online fino a dieci minuti prima della gara, con diretta e storie, ed è online un secondo dopo la fine della gara,” aggiunge Borgia. “E non basta più vincere. L’atleta deve anche essere un personaggio ed essere sempre presente, e la vita privata diventa un po’ meno privata.”
 
Ed è proprio per questi vari motivi che Luca Guercilena [manager di Trek, ora in stop per curarsi dal cancro] ha proposto a Borgia di entrare a fare parte del team performance insieme a medici, coach e nutrizionista. Sia per Trek, che per il World Tour è una prima volta assoluta.

Il ciclocross, la psicologia e Trek

Borgia con la nazionale italiana di downhill, con cui collabora dal 2019. Foto: archivio Elisabetta Borgia.

Borgia, nata a Cantù nel 1987 e oggi di base a Castell’Arquato (Piacenza), ha corso per 17 anni ad alto livello, e indossato la maglia della nazionale italiana nella mountain bike e nel ciclocross (dove ha vinto tre titoli nazionali). La passione per la componente psicologica dell’attività sportiva è sempre stata qualcosa che l’ha affascinata e poi spinta a studiare psicologia.
 
“Per me è sempre stato un aspetto sul quale, a posteriori, avrei dovuto lavorare maggiormente,” racconta Borgia. “E in certi casi è anche stata una vulnerabilità. Ero sicuramente un’atleta che riusciva a prepararsi per affrontare appuntamenti importanti, però forse — nell’ultima parte della mia carriera — è stato uno di quegli elementi che mi hanno portato a smettere di correre.”

Leggi anche: Pianista, studentessa e campionessa del mondo: Elisa Balsamo.
 
Tuttavia, anche Borgia ci tiene a sottolineare che non si trattava solo di “punti deboli” ma di una realtà che non poteva controllare e cambiare completamente. Questo soprattutto perché nelle categorie élite, si era ritrovata a competere con atlete che si allenavano e gareggiavano a tempo pieno, mentre lei era già divisa tra sport e studio.
 
Borgia ha così scelto di continuare a studiare psicologia e si è laureata in triennale prima, e in magistrale poi, alla Cattolica di Milano (2009 e 2011), e ha poi conseguito in master in psicologia dello sport al SUISM dell’Università di Torino nel 2013.Elisabetta Borgia con i ragazzi e le ragazze della nazionale di ciclocross. Foto: archivio Elisabetta Borgia.

Dopo il master — con una tesi sulle tossicodipendenze e comorbidità (presenza di altri disturbi psichiatrici) — Borgia ha svolto il tirocinio post-laurea nella comunità terapeutica Casa di Lodesana dell’Associazione Gruppo Amici Onlus a Fidenza, in provincia di Parma.
 
“Continuo a lavorare nella stessa comunità ancora oggi,” racconta Borgia. “per me il lavorare in comunità è un continuo allenamento e mi da spunti importanti anche per il mio lavoro nell’ambito dello sport.”

Leggi anche: Marco Pantani, il Migliore (recensione)
 
Sempre dal 2013, Borgia ha iniziato a collaborare con la Federazione Ciclistica Italiana come docente nelle formazione dei direttori sportivi. I progetti sono con la Federciclismo sono continuati nel cross country, con la dirigenza in vista di Tokyo 2020 e, negli ultimi due anni, con la nazionale di downhill. 

Il modello SFERA e DBT

Borgia lavora attraverso una metodologia nota come modello SFERA e utilizza anche la Dialectical Behavioural Therapy. Foto: Trek-Segafredo.

La sua metodologia di lavoro si bassa sul modello SFERA — strutturato dallo psicologo dello sport Giuseppe Vercelli — che è un acronimo di Sincronia, Forza, Energia, Ritmo e Attivazione.

“Sono partita da questo modello, e poi negli anni l’ho adattato in base alle mie esperienze e modelli che seguo nella comunità. Come la DBT (Dialectical Behavioural Therapy), che lavora tramite una dialettica di accettazione e cambiamento — e accettazione come elemento fondamentale per iniziare a cambiare,” spiega Borgia.

Leggi anche: 19 domande a Elisa Longo Borghini
 
E se storicamente la DBT è nata come una terapia per aiutare persone con gravi disturbi di personalità, questa metodologia può essere applicata a svariati ambiti, come Borgia ha fatto in quello sportivo.

Le tre fasi di lavoro di Borgia

Trek-Segafredo padrona della Roubaix 2021, con Lizzie Deignan prima e Elisa Longo Borghini terza. Foto: CorVos/SWpix.

Il metodo di Borgia vuole essere lineare e dare agli atleti la possibilità di eliminare le zone d’ombra. La prima parte del lavoro consiste nell’analisi e conoscenza della persona, in cui è importante creare fiducia e alleanza reciproca. In questa fase Borgia costruisce anche un’anamnesi sportiva e psicologica passata dell’atleta con cui stila un profilo emotivo individuale.

"Questo è un po’ la sua carta d’identità, in cui evidenzio i punti di forza e di cui bisogna essere consapevoli, e poi le aree di vulnerabilità che diventano gli obiettivi di miglioramento,” spiega
 
Successiva alla fase di analisi, c’è la fase di ottimizzazione, in cui vengono stilati gli obiettivi (di prestazione e non di risultato) a breve, medio e lungo termine. Questi si basano sulla calendarizzazione della stagione e mirano a portare l’atleta a essere “la migliore rappresentazione di sé.” 

Leggi anche: A tuo rischio e pericolo
 
A partire dagli obiettivi stagionali, il lavoro è poi scomposto a ritroso. E dal punto di partenza, il procedimento verso i traguardi futuri avanza tramite piccoli incrementi. Come sottolinea Borgia, è molto importante essere consapevoli del livello a cui ci si trova quando si comincia il percorso.
 
“Lavoro con alcuni atleti che mi dicono che [a inizio stagione] sono devastati,” racconta. “E io gli dico, ragazzi, è bene che voi siate devastati adesso. Significa che avete recuperato e che vi siete ricaricati per affrontare una nuova stagione.”Elisabetta Borgia in un primo scatto di presentazione per Trek-Segafredo. Foto: Trek-Segafredo.

Infine, il lavoro svolto durante la stagione (all’inizio in studio; poi di persona duranti gli allenamenti e le gare; ma anche da remoto e tramite messaggi prima degli eventi), è un lavoro che utilizza diverse strumenti e tecniche di rinforzo. Borgia utilizza soprattutto tecniche comportamentali prese dal cognitivismo, ma anche il semplice dialogo e un po’ di teoria possono aiutare gli atleti nel percorso di apprendimento.
 
“Alle volte si sviluppa un pensiero disturbante che affrontiamo con una tecnica che si chiama ristrutturazione cognitiva,” spiega.  “In sostanza devi ristrutturare quel pensiero — che è un pensiero errato e può creare una catena di pensieri che possono far perdere la concentrazione o auto-boicottare l’atleta.” 

Leggi anche: Al campo base dell'Everest in bicicletta, l'ultima avventura di Omar Di Felice
 
Borgia utilizza anche tecniche bio-feedback come la coerenza cardiaca (Heart Rate Variability o HRV) per mostrare in tempo reale come emozioni e pensieri influenzino il battito cardiaco e il sistema nervoso simpatico, legato agli stress individuali (fisiologici e psicologici). E mostra in tempo reale come gli esercizi di respirazione possano aiutare a rilassare e ritrovare la giusta variabilità cardiaca. 

Uomini, donne e l’equilibrio funzionale

Dal 2022 Borgia lavorerà con le squadre maschili e femminili della Trek-Segafredo. Foto: Santini/Trek-Segafredo.

Nella sua esperienza di lavoro con uomini e donne, Borgia ha notato che gli uomini fanno meno fatica a “trovare un equilibrio e a bilanciare più aspetti contemporaneamente. Le donne, invece, quando sono veramente concentrate sono tra virgolette integraliste, cioè riescono ad arrivare a un livello di rigore e di diligenza che le porta, a volte, ad andare oltre e essere troppo concentrate e eliminare tutto il resto. Anche questo, a lungo termine, diventa pesante.”
 
Troppa concentrazione, infatti, porta l’individuo a perdere energie e rischia di sfociare nel burnout. E, come dimostrato dalle decisioni di Kittel e Dumoulin — soprattutto a livello World Tour — il rischio è per tutti molto alto e può evolvere  in depressione clinica. Spesso succede, infatti, che atleti che hanno raggiunto grandi risultati attraverso sacrifici enormi, l’anno successivo non riescano a ripetersi, o decidano addirittura di smettere.

Leggi anche: L'annus mirabilis di Jonas Vingegaard
 
“La difficoltà maggiore è quella di aiutare gli atleti a trovare un equilibrio che sia un equilibrio reale e possa essere portato avanti nel tempo senza sensi di colpa,” aggiunge Borgia. 
 
Questo vale sia per i professionisti che per gli amatori, soprattutto quando si fanno paragoni tra le proprie giornate e quelle dei propri avversari e amici — e magari durante una giornata di riposo quando qualcuno carica un’uscita di 200 chilometri su Strava.

Leggi anche: La bici nel cuore, l'elisir di Andrea Tafi  

Per professionisti e amatori è fondamentale trovare un equilibrio funzionale nell'approccio alla pratica sportiva. Foto: Luc Claessen/Getty Images. 

“Il suggerimento che darei agli amatori,” conclude Borgia, “è quello di non scimmiottare i professionisti, ma di tenere conto degli altri impegni. Se fai l’operaio, ti sei svegliato all’alba, ti sei fatto un mazzo tanto, e finisci alle cinque, non puoi pensare di uscire e fare l’allenamento che fa un professionista.”
 
Ti può far sentire bene sul momento, ma è un modo per stancarsi ancora di più. E, alla lunga, diventa controproducente a livello fisico e psicologico.

Shop now